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Sab, Ott
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Capricho de Calise: malinconia di una generazione dal forte impegno civile

Attualità
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Per soli sette anni – nei termini fissati dalle leggi italiane vigenti – il complesso immobiliare noto come Capricho de Calise, situato in Piazza Marina a Casamicciola, sull’isola d’Ischia, non ha potuto essere dichiarato monumento di interesse storico.


In Italia, per avviare un iter di tutela storica di un immobile, è necessario che il fabbricato abbia almeno settanta anni. Come se una casa o un locale avessero una vita umana. Solo superata questa soglia la Soprintendenza ai Beni Ambientali può intervenire per la tutela.
Basterebbe già questo limite – settanta anni – per riflettere sulla reale utilità delle Soprintendenze, e forse lasciare giudizio e responsabilità ai Comuni, che peggio non potrebbero fare.

Il complesso Capricho de Calise fu costruito nel 1959 – con altro nome, finalità e proprietà – ed è stato demolito nel 2024 dal sindaco di Casamicciola, Giosi Ferrandino, con propria ordinanza “contingibile e urgente per pericolo pubblico”, a sette anni dal terremoto e dopo due relazioni tecniche dell’ufficio comunale.
Non vi è stato alcun giudizio tecnico di un ente terzo. L’immobile, reso fatiscente dalla mancata manutenzione ordinaria, era stato tuttavia, solo un anno prima, sede dell’inaugurazione del Centro tecnologico della Protezione Civile, alla presenza del commissario di governo Giovanni Legnini, dopo la tragica alluvione del 26 novembre 2022 che costò la vita a dodici persone.

Eppure, con i suoi soli 67 anni, il Capricho non è stato considerato edificio storico, in un Comune dove la memoria architettonica è fragile, segnata da tredici terremoti in sette secoli.

Questo complesso fu disegnato dall’architetto Ugo Cacciapuoti, il più importante urbanista dell’isola d’Ischia negli anni Sessanta del Novecento.
Cacciapuoti progettò ville, alberghi, condomini e piani urbanistici, amando lo stile moresco. Il Capricho, affacciato sul mare di Casamicciola, era un’opera moresca: le sue cupole, le sue volte, e quel grande pavimento all’ingresso, realizzato dal ceramista De Simone su ispirazione di un’opera di Picasso – firmato nel 1969 – di cui oggi si è persa ogni traccia.

Così, senza delibera del Consiglio comunale, senza opposizione di alcuno dei quindici consiglieri, e senza un formale piano urbanistico in vigore, questo luogo di vita civile – attivo per 67 anni e sede di convegni, presentazioni di libri, feste e matrimoni – è stato cancellato dalla storia locale per lasciare spazio a una semplice spianata destinata a ospitare eventi musicali estivi.
E dopo? Cosa resta della spianata? Chi animerà la piazza, l’agorà dei greci?
È una piazza vuota. Terribilmente vuota.

La mia generazione, quella nata negli anni Quaranta, la ricorda come la piazza più viva dell’isola d’Ischia.
Il Capricho era un simbolo, insieme al Bar Calise 1925.
Si veniva qui da tutta l’isola: per un caffè, per ascoltare e ballare con i “Ricchi e Poveri” nel night club al seminterrato, per assistere ai convegni e ai concerti nella sala da tè del primo piano, dove si esibivano Umberto Boselli, Nino Soprano, Carla Toniutti, e artisti come Gegè Di Giacomo, Umberto Bindi, Perez Prado, Romano Mussolini, Remo Germani.

Al piano superiore c’era Pasquale il pizzaiolo, celebre per la “pizza alla botte” e la sua inconfondibile insegna: “Cheste so’ pizze”.
E poi Emidio Calise, straordinario personaggio, seppe creare un luogo di fascino e di stile, capace di segnare un’epoca.

In quei locali, nel 1965, fondammo il Circolo di Impegno Giovanile.
Oggi Miggi Calise, unica erede morale dei Calise del bar e del Capricho, ricorderà quel tempo nel suo libro Cattura la luna, edito da Franco Di Mauro, in uscita a dicembre.

Ricorderemo il passato per costruire l’avvenire.

G. M.