Giovanni, dal Caffè Savoia all’Hotel Pithaecusa
di Giuseppe Mazzella
Casamicciola, ottobre 2025
Ci sono donne e uomini che attraversano la cronaca e non entrano nella Storia. C'è una grande Storia, scritta nei libri per le vaste aree del mondo, e ci sono piccole storie, come quelle delle comunità dell'isola d’Ischia, trascurate dalla narrazione ufficiale. Eppure, tutte sono importanti, se si ha il senso della Memoria. È un tema su cui torneremo presto, dando alle stampe l'opera di Miggi Calise sulla sua famiglia. Sarà un’opera monumentale — e non esagero — perché narrativa, poetica, fotografica, documentaria. Sarà il racconto di una famiglia, di un’epoca, e la lunga e dettagliata ricostruzione di un secolo, il Novecento. Un secolo che non è stato “breve”, ma lungo e travagliato, e che peggiora nelle tragedie e nella barbarie di questo secolo XXI, già giunto a 25 anni, con orrori mai visti prima nella Storia.
Ci sono racconti familiari andati perduti. È difficile, anche per chi come me ha passione per la conservazione della Memoria, riannodare i fili di vite umane ormai spente da anni e che non hanno lasciato tracce scritte. Solo qualche fotografia di famiglia o una lettera dimenticata in un vecchio cassetto. In molte famiglie ci sono pezzi di vita vissuta che meritano di essere ricordati. Fanno riflettere.
Comincio con il racconto della vita di mio nonno materno, Giovanni Monti (1885–1963). Ho qualche foto e alcuni ricordi d'infanzia, frutto della narrazione orale di mia madre, Anna Monti (1911–2003). Provo a mettere insieme una storia di famiglia.
Monti, forse commercianti
Forse erano commercianti i progenitori di Giovanni. I suoi genitori si chiamavano Giuseppe e Fermina, quest’ultima originaria di Barano, di cognome Di Meglio — come centinaia di famiglie baranesi emigrate perfino sull’isola di Ponza nel 1734. Il racconto orale di mia madre parlava di un nonno che gestiva un negozio di alimentari alla Marina di Casamicciola, sul lato mare, dove prima del terremoto del 1883 esisteva un abitato risucchiato dal mare.
La casa era nel “rione di sopra”. La famiglia era composta da cinque figli e un fratello scapolo di Fermina. Giovanni doveva essere il primogenito. Credo che abbia frequentato solo la scuola elementare. Decise di lavorare nel nascente settore del turismo.
A vent’anni lavorava a Napoli come cameriere all’Hotel Vesuvio. Fu lì che imparò il mestiere e conobbe sua moglie, una svizzera tedesca di otto anni più grande di lui: Emma Reber (1878–1959). Emma faceva la guardarobiera all’hotel. Era arrivata da Parigi, dove si era trasferita a 18 anni, rimasta orfana. A Parigi lavorava come governante in una famiglia borghese. Di quel periodo resta una vecchia foto, proveniente dallo studio fotografico Paul Darby, ritrovata in un cassetto di mia madre.
Giovanni ed Emma si sposarono a Casamicciola nel 1909. Emma si convertì al cattolicesimo: era evangelica. Portò in dote mille lire, con le quali i due aprirono il Caffè Savoia in Piazza Marina. Ebbero tre figlie: Erminia (1910–1994), Anna (1911–2003) e Angela (1914–2014).
Nel 1930 presero in gestione l’Hotel Pithaecusa, di proprietà dei marchesi Cocozza di Montanara, insieme a un socio di cognome Chiaese. Nel 1951 lo acquistarono dal marchese Giovanni di Montanara, che aveva nel frattempo cancellato il cognome Cocozza.
Giovanni, l’imprenditore
Giovanni Monti iniziò a fare l’imprenditore nel 1909, a 23 anni. Si sposò con Emma Reber, conosciuta a Napoli all’Hotel Vesuvio, dove entrambi lavoravano. Fu lì che Giovanni imparò l’arte dell’accoglienza.
Nel 1909, con la dote di Emma, aprirono il Caffè Savoia a Casamicciola, fittando il piano terra del palazzo novecentesco del notaio Tommaso Morgera, che aveva lo studio al primo piano. Si creò un legame forte tra le due famiglie, durato almeno due generazioni. Tutti avevano un soprannome: i Morgera erano detti “’o Pacione”, mentre i Monti erano detti “’o Masticiello”. Forse perché i Morgera, col notaio, mettevano "pace" nella comunità rissosa, e nei Monti ci doveva essere un “maestro” di qualcosa.
Quella di Giovanni era sicuramente una famiglia di commercianti, ma con un’etica pubblica. Mia madre ricordava che suo nonno non speculava sull’aumento dei prezzi: cercava sempre di mantenerli bassi per aiutare il popolo. Conservava due grandi ritratti fotografici dei suoi genitori, Giuseppe e Fermina, nella sua stanza da letto. Sono andati perduti, come molti altri oggetti, libri, registri, lettere.
Fu il Caffè Savoia, al centro della piazza principale, a sostenere economicamente la famiglia. Nel 1931 Giovanni ed Emma presero la gestione dell’Hotel Pithaecusa. Nel 1951 lo acquistarono definitivamente. Divennero i più importanti imprenditori di Casamicciola, in un contesto turistico in piena crescita.
La rete turistica e i pionieri
Colleghi di Giovanni ed Emma erano:
Arturo Huber, svizzero, gestore dell’Hotel Suisse;
due signore ebree tedesche che gestivano l’Hotel Bellavista;
Annibale Barbaini, del nord Italia, gestore dell’Hotel Savoia;
Peppino Trani, che gestiva il ristorante “Vaporetto Azzurro” sul litorale a Perrone e l’Albergo Italia;
il rag. Ferdinando Scioli da Napoli, gestore dell’Hotel Terme Scioli in Piazza Bagni;
Giosuè Maltempo, gestore di uno stabilimento termale sempre in Piazza Bagni.
Si trattava di un’imprenditoria turistica in parte “forestiera”, ma anche locale, formata da persone che avevano appreso l’arte dell’impresa altrove. Non solo a terra: anche a mare. Il primo armatore che collegava Casamicciola a Napoli con i suoi “motori” — poco più che barche da pesca — era don Nicola Monti.
La storia dei pionieri
Giovanni Monti e sua moglie Emma Reber furono veri pionieri del turismo a Casamicciola. Insieme ad altri che ho citato, contribuirono alla nascita di un sistema turistico che avrebbe segnato il destino dell’intera isola.
Nel 1953, grazie all’aiuto della Cassa per il Mezzogiorno, Giovanni ampliò l’Hotel Pithaecusa. Credo che anche altri albergatori fecero lo stesso. Nel 1960, gli albergatori di Casamicciola avevano una propria sede fisica e alcuni aderivano all’Associazione degli Albergatori Napoletani (ADAN).
Emma Reber morì nel 1959. Non tornò mai in Svizzera, ma mantenne i contatti con parenti e amici. Per due generazioni, quei legami sono stati custoditi.
Giovanni Monti morì nel 1963.
Casamicciola, 15 ottobre 2025
Giuseppe Mazzella – “Il Continente”
1ª puntata – continua