Riflessioni su Ucraina e Medio Oriente
Oggi siamo spettatori di due conflitti che, sotto molti aspetti, appaiono assurdi: la guerra tra Russia e Ucraina, e il conflitto israelo-palestinese. I telegiornali sono ormai dominati da queste notizie, spesso ripetute in modo spasmodico: le telefonate di Trump, i continui viaggi diplomatici tra le due sponde dell’Atlantico, dichiarazioni che confermano un equilibrio instabile ma sostanzialmente immutato.
Personalmente, ho deciso di non guardare più nemmeno il TG de La7 o di Sky, gli unici che ancora seguivo.
Da cultore di storia, mi è chiaro che la guerra tra Russia e Ucraina è un conflitto imperiale, volto alla conquista di territori. Finché l’Ucraina non sarà disposta a cedere alcune aree che le furono riconosciute nel 1991, dopo la dissoluzione dell’URSS, difficilmente si potrà arrivare alla pace.
Putin ha bisogno di giustificare la sua “operazione speciale”. Zelensky, dal canto suo, dovrebbe realisticamente considerare la possibilità di rinunciare alla Crimea e al Donbass. La trattativa, se mai sarà possibile, si giocherà sulla quantità: da una parte l’Ucraina dovrà cercare di cedere il meno possibile, dall’altra la Russia tenterà di ottenere il massimo.
Più complessa ancora è la situazione in Medio Oriente.
Uno Stato di Palestina, oggi, avrebbe le dimensioni di una piccola enclave come il Vaticano. I territori palestinesi si sono ormai ridotti a frammenti. Ma senza un territorio definito, non è possibile costruire uno Stato. Per questo, Israele dovrebbe ritirarsi da Gaza e soprattutto dalla Cisgiordania. Ma come può farlo, concretamente?
Forse, in assenza di soluzioni condivise, la comunità internazionale dovrebbe intervenire per imporre una Confederazione, magari ispirandosi al modello svizzero: uno Stato condiviso, in cui coesistano comunità diverse sotto un’unica struttura federale.
Le soluzioni si possono discutere all’infinito, ma spesso restano solo sulla carta. Se i ponti non si riescono a costruire, allora – paradossalmente – forse è meglio accontentarsi dei muri, come extrema ratio.
Del resto, anche il muro di Berlino è durato cinquant’anni.