di Giuseppe Mazzella
Casamicciola, sull’isola d’Ischia, è diventata un caso nazionale nel 1883, quando un terribile terremoto colpì il paese. Il mondo intero ne parlò: una tragedia immane in un’area di appena 3-4 km², con un numero impressionante di vittime. Da allora, Casamicciola è rimasta simbolo della fragile convivenza tra la bellezza della natura e la vulnerabilità umana. Un luogo che offre benessere grazie alle sue acque termali e al clima salutare, ma anche segnato da eventi catastrofici.
La zona collinare, tra i 100 e i 200 metri sul livello del mare, permette di respirare un’aria salubre, e rappresenta ancora oggi la parte più suggestiva del paese: “la collina degli alberghi”, come la definiva un editore di cartoline di inizio ’900.
Una tradizione di cura e ospitalità
Casamicciola fu, già nel XIX secolo, un importante centro di cura e soggiorno. Lo racconta Jacques Étienne de Rivaz, medico idrologo svizzero-francese, nel suo libro del 1867 che ebbe grande diffusione. Console di Francia sotto Napoleone III, de Rivaz si trasferì a Ischia, dove fondò una clinica termale nella zona della Sentinella, trasportando l’acqua benefica a dorso di mulo dal bacino di La Rita. Fu un pioniere della medicina termale e lasciò un’impronta duratura nella storia scientifica dell’isola, anche se il suo nome è oggi poco ricordato nella memoria popolare della comunità.
Il ritorno del sisma e la ferita dell’alluvione
134 anni dopo, nella calda sera del 21 agosto 2017, Casamicciola fu nuovamente colpita da un terremoto, di ottavo grado della scala Mercalli. Sei secondi bastarono a causare danni enormi: circa 2.000 edifici colpiti, due vittime, oltre 2.400 sfollati. Un disastro economico e sociale. Alberghi chiusi, stabilimenti termali inagibili, attività commerciali paralizzate.
E poi, come se non bastasse, il 26 novembre 2022 è arrivata la più tragica alluvione della storia del paese — la peggiore dopo quella del 24 ottobre 1910. Dodici vittime. Un territorio già fragile, provato dal sisma, è stato devastato.
Una comunità di circa 8.000 abitanti è stata colpita negli affetti, nelle case, nel lavoro. Si stima che serviranno almeno 50 anni per una ricostruzione completa.
Una ricostruzione incompleta e diseguale
Oggi prosegue, a macchia di leopardo, la ricostruzione privata, sostenuta da contributi pubblici. Ma la ricostruzione pubblica — quella che riguarda edifici comunali, infrastrutture, vie di fuga — è in forte ritardo. Manca una visione d’insieme. I progetti dell’archistar giapponese Fuksas restano lettera morta, in assenza di un piano urbanistico comunale (PUC) aggiornato. Il piano paesaggistico regionale è ancora in fase di esame dei ricorsi.
Nel frattempo, il tessuto economico cerca di sopravvivere. Ma il paradosso è che l’amministrazione comunale guidata da Giosi Ferrandino, ex eurodeputato, non sembra favorire l’iniziativa imprenditoriale privata, né promuove quella pubblica. Nonostante la presenza di Invitalia, agenzia nazionale per lo sviluppo, non si vedono investimenti strutturali. Invitalia è presente solo per attività di consulenza al Commissario straordinario alla ricostruzione, on. Giovanni Legnini, in carica da quattro anni.
Eppure Casamicciola ha bisogno urgente di imprese, investimenti, visione. Perché allora allontanare soggetti imprenditoriali come Cala degli Aragonesi, che si era proposta per gestire il porto turistico, invece di favorire una partnership pubblico-privata, con una quota di controllo affidata al Comune e a Invitalia?
Una nuova ricostruzione: culturale e identitaria
Oltre alla ricostruzione fisica ed economica, serve una ricostruzione culturale. Serve una nuova narrazione. Serve valorizzare le radici storiche e il patrimonio termale, sociale, scientifico, turistico che ha reso Casamicciola unica.
Perché oggi, più che mai, questo paese ha bisogno di risorgere. Non solo dalle macerie, ma dal silenzio. Perché la notte di Casamicciola, senza memoria, rischia di non finire mai.
Giuseppe Mazzella
12 luglio 2025 – Il Continente